L’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio di Treviso-Belluno ha elaborato una stima dell’impatto delle tensioni in Medio Oriente sul commercio internazionale Veneto, che sta vedendo la riduzione del transito di navi per il Canale di Suez. Il conto ammonta a 15,2 miliardi di euro di approvvigionamenti ed esportazioni a rischio (elaborazione su dati ISTAT).
L’impatto maggiore è sul flusso delle importazioni: nel 2022 il Veneto ha infatti importato merci per 11,8 miliardi di euro da Asia Orientale, Cina e India, l’81% delle quali si stima transitino per la via più breve attraverso il Canale di Suez, per un valore di 9,5 miliardi di euro di approvvigionamenti esposti alle attuali criticità logistiche: macchinari industriali e suoi componenti, calzature, altre apparecchiature elettriche.
Meno esposto è il fronte delle esportazioni dal Veneto verso quest’area (al netto dei flussi estero su estero): parliamo di 5,7 miliardi di euro di merci – macchinari, concia e pelli, occhialeria – dirette verso Asia Orientale e India, poco sotto il 7% dell’export regionale.
Il cambio di rotta rispetto a Suez rischia così di provocare ritardi o blocchi negli approvvigionamenti e un conseguente aumento dei costi. Il possibile impatto sull’interscambio commerciale della nostra regione è evidente. “Molte delle nostre imprese, alla luce del quadro geopolitico degli ultimi anni, dalla crisi pandemica ai conflitti in atto, hanno già dovuto ripensare il proprio inserimento nelle catene globali del valore – commenta il presidente di Unioncamere del Veneto Mario Pozza. – Non c’è evidenza che quest’ennesima crisi e l’allargamento del conflitto in Medio Oriente possano risolversi in tempi brevi. E sicuramente la criticità e l’incertezza degli scenari internazionali sono destinati a durare, anche alla luce delle ultime tensioni sorte tra Stati Uniti e Cina dopo l’esito delle elezioni a Taiwan. Quindi bisogna pensare di riportare la produzione all’interno del Mediterraneo e di riavvicinare impianti e produzione, creando una nuova filiera per non farsi travolgere. Il nearshoring può essere una soluzione e il sistema camerale c’è per accompagnare il Made in Italy e sostenere le nostre imprese. Su questo aspetto gli imprenditori possono sfruttare anche la rete delle 86 Camere di Commercio italiane all’estero, che sono un altro elemento a supporto per individuare nuovi mercati, opportunità di insediamento e aree produttive. Proprio in queste ore Assocamere Estero ha firmato una convenzione con la Conferenza delle Regioni italiane e delle province autonome per sostenere l’internazionalizzazione e l’attrazione degli investimenti esteri per sostenere lo sviluppo economico dei territori”.