Per la maggioranza dei giovani veneti inoccupati della generazione Z, il lavoro di successo è fare l’imprenditore e viaggiare e 1 su 3 sogna di fare un lavoro autonomo, da imprenditore o libero professionista. Eppure i nostri giovani si sentono anche inadeguati e temono di non essere apprezzati.
Quello che emerge dall’indagine “I giovani e il lavoro che cambia” realizzata da IPSOS per Unioncamere del Veneto è un immaginario forgiato dalla voglia di fare e mettersi in proprio tipico della tradizione veneta e alimentato dall’esempio di nonni e padri, ma anche dall’immagine che i giovani di oggi hanno degli imprenditori nostrani. La ricerca, realizzata su un campione di 500 giovani della Regione non occupati di età compresa ta i 16 e i 30 anni, ha indagato il loro rapporto con il lavoro e il mondo dell’impresa, per cogliere e analizzare il mismatch che si registra tra domanda e offerta di occupazione e per leggere i fenomeni di abbandono del lavoro da parte di molte giovani nel corso dell’ultimo periodo.
“C’è bisogno di giocare d’anticipo sui processi di trasformazione del lavoro per orientare le scelte formative dei nostri giovani – commenta Mario Pozza, Presidente di Unioncamere del Veneto – Unioncamere del Veneto sta lavorando per dare qualità alle imprese del territorio favorendo la nascita di professionalità adeguate alle evoluzioni del mercato, ad esempio attraverso il sostegno agli ITS. Qui entra in gioco la rilevanza dell’orientamento alle professioni, su cui il sistema camerale si sta spendendo da tempo. Lo strumento dei PCTO, la cosiddetta ‘alternanza scuola-lavoro’ ora messa in discussione per i recenti drammatici accadimenti, resta importante e strategico, certo ponendo la sicurezza sui luoghi di lavoro come priorità assoluta, perché il bisogno che il mondo dell’impresa ha di professionalità e competenze è estremamente forte”.
Il direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone ha riflettuto sulla domanda di senso che il mondo giovanile si pone rispetto al lavoro, indicando che “il tema del welfare e dello smart working hanno a che fare con la risposta a questa domanda”, mentre il Vice Segretario Generale di Unioncamere Italiana Claudio Gagliardi ha ricordato, dati alla mano, che la difficoltà di incontro tra domanda e offerta sarà sempre più complessa: “Secondo gli ultimi dati Excelsior di settembre, in 48 casi su 100 le imprese prevedono di avere difficoltà a trovare i profili desiderati, o perché mandano i candidati o perché c’è una non adeguatezza delle competenze. Secondo ISTAT, nei prossimi 10 anni avremo circa quasi 2 milioni di lavoratori in meno e 1 milione e 400mila studenti in meno”.
“Negli ultimi 3 anni si sono iscritti in primaria 20.000 bambini in meno, come la cittadina di Thiene” ha citato in chiusura l’Assessore all’istruzione – Formazione e Lavoro della Regione del Veneto Elena Donazzan, richiamando la necessità di cambiare la narrazione per attrarre competenze, perché “nel lavoro e nel fare impresa c’è bellezza: siamo l’unica regione con più iscritti all’istruzione tecnica che ai licei, gli ITS stanno dando risultati incredibili e abbiamo imprese che guardano con attenzione al mondo della formazione”.
La ricerca IPSOS: i giovani di fronte al lavoro
“L’Italia si colloca tra il secondo e il quarto posto al mondo per la paura di perdere il lavoro” ha ricordato il direttore scientifico di IPSOS Enzo Risso commentando i dati della ricerca sul significato del lavoro nei giovani non occupati del Veneto. “A settembre siamo al secondo posto, prima di noi c’è solo il Sudafrica e abbiamo scavalcato Spagna e Indonesia. In Italia è il 40% dei lavoratori a temere la perdita del lavoro, in Germania è solo il 7%, in UK il 10 e in Francia il 14 e questo divario è preoccupante”.
Venendo alla ricerca, la TOP five delle professioni di successo per la Generazione Z veneta vede al primo posto fare l’imprenditore (45%), seguito da avere un lavoro che ti fa girare per il mondo (33%), essere un manager (29%), essere uno scienziato (fisico, biologo, chimico, matematico ecc, 28%), occuparsi di nuove tecnologie digitali (28%).
Il 34% dei giovani ritiene che ci siano titolari d’impresa responsabili, attenti alle persone e alla società, ma un il 53% li giudica interessati solo al profitto e capi autoritari.
Chi pensa che i giovani di oggi non abbiano voglia di lavorare rischia di avere una posizione viziata da pregiudizi. Nella scala dei valori, per il 95% dei ragazzi e delle ragazze il lavoro è molto importante e si colloca al terzo posto subito dopo amicizia (97%) e divertimento (96%) e viene prima della famiglia, dell’amore e anche dell’istruzione.
Per la generazione Z avere un posto di lavoro vuol dire impegnarsi per raggiungere degli obiettivi (37%) e diventare adulto per realizzare i propri progetti (31%).
Il senso del lavoro per la generazione Z è stabilità e progettualità. Il lavoro è, ovviamente, una fonte di reddito (97%) e un modo per affermare la propria indipendenza (96%), ma anche un’opportunità di crescita personale (94%). Nel lavoro i giovani vogliono sentirsi realizzarti come persone (90%) e ambiscono a occupazioni che siano un percorso, dei trampolini che gli consentano di guardare avanti, di costruirsi una posizione sociale (89%).
4 sono gli aspetti più importanti di un lavoro per gli under 30 anni veneti: il trattamento economico (41%), la stabilità (33%), la possibilità di fare carriera (32%) e l’autonomia (30%). Seguono per importanza anche altri aspetti come la disponibilità di tempo libero, orari flessibili, la coerenza con gli interessi personali (es. hobby, cause sociali…) e con il percorso di studi, la possibilità di formazione, di apprendimento e di crescita personale e i buoni rapporti con i colleghi e con i superiori.
L’interesse a viaggiare e la disponibilità a spostarsi coinvolge poco più della metà dei giovani (58% in un altro Paese europeo e il 68% in un’altra regione del Nord), mentre la preferenza va per un posto nella città o nella provincia dove si vive.
Ma di fronte al lavoro i giovani si sentono fragili, avvertono di avere una cassetta degli attrezzi non particolarmente sviluppata, sentono la carenza di esperienze lavorative, di avere avuto una formazione troppo teorica, di avere poche opportunità di incontro con il mondo delle imprese, di avere a disposizione circoscritti servizi di orientamento al lavoro e di essere in possesso di una formazione non aggiornata alla realtà del mondo lavorativo.
La disponibilità a fare qualche sacrificio c’è, ma è limitata nel tempo. La maggioranza dei giovani (58%) è disposta ad accettare transitoriamente qualsiasi lavoro, ma vuole continuare a cercare il lavoro dei sogni. Quanti sono disposti a fare qualunque lavoro adattandosi a quello che trovano sono più o meno un terzo delle ragazze e dei ragazzi, mentre la quota che pensa di dover accettare solo il lavoro dei sogni è limitata al 10%.
Il 33% sogna di un lavoro autonomo, da imprenditore (20%) o il libero professionista (10%), mentre il 67% aspira a essere un lavoratore dipendente (il 28% vorrebbe lavorare in una grande impresa e il 16% in una multinazionale).
I temi della ricerca di stabilità e dellala sicurezza economica per una progettualità futura si incontrano anche nelle attese rispetto allo stipendio. Il 56% della generazione Z veneta vorrebbe avere uno stipendio fisso, possibilmente con delle forme di welfare aziendale per il futuro e per farsi una famiglia. Il 36% è disponibile a una remunerazione con una base fissa e una componente variabile legata ai risultati raggiunti. Solo l’8% è disposto ad accettare una forma di remunerazione legata esclusivamente ai risultati.
I timori che hanno le ragazze e i ragazzi nell’entrare in un luogo di lavoro sono molteplici: dal non essere apprezzato all’essere sfruttato (entrambi al 36%); dal non trovarsi bene con i colleghi (29%) al non avere più tempo per se stessi (26%); dalla paura di diventare un numero (23%), all’avere un capo autoritario (21%); dal non avere tutele all’avere qualcuno che li comanda, magari con minori competenze (entrambi al 20%).
Ma quali sono i driver per attirare e trattenere i giovani? Offrire la possibilità di fare esperienza (45%), remunerare in modo adeguato il lavoro (43%), consentire alle persone di esprimere liberamente il proprio potenziale (28%), insegnare un mestiere (28%); apprezzare le persone per il lavoro che fanno (27%), creare un ambiente ben strutturato e organizzato, con procedure e regole chiare (26%), far sentire le persone parte di un gruppo (25%), essere un capo che ascolta e riconosce i meriti dei dipendenti (20%).
La sfida del lavoro per i giovani è anche una sfida per le imprese, per il loro modo di essere e di pensare l’organizzazione e i processi interni.
Stabilità e adeguata remunerazione, benessere organizzativo e flessibilità, cittadinanza organizzativa e accompagnamento delle fasi di vita, merito e dialogo sembrano essere le diverse componenti con cui le imprese devono fare i conti per attirare i giovani. Così come nuovi percorsi formativi e preparazione al mondo del lavoro, ma anche un nuovo modo di rappresentare l’impresa sembrano essere le diverse sfide in campo per preparare maggiormente i ragazzi al salto di vita.
Cosa stanno facendo le aziende, attraverso le loro strategie di reclutamento e sviluppo delle persone, per migliorare la loro attrattività nei confronti dei giovani talenti? Unioncamere del Veneto l’ha chiesto a Valeria D’Andrea, HR Manager Aton S.p.A. di Villorba, Società Benefit che si occupa di soluzioni e servizi ICT innovativi per le vendite multicanale, le catene di negozi, la supply chain e l’asset management e a Luigi Bastianello, HR Manager di Texa S.p.A. di Monastier specializzata nella progettazione, industrializzazione e costruzione di sistemi diagnostici multimarca per l’automotive: due aziende venete emblematiche per come si situano al centro dei processi di innovazione digitale e osservatori privilegiati dei processi di trasformazione del lavoro.
Gli studenti della V Liceo scientifico dell’Istituto Casagrande di Pieve di Soligo Lisa Roveda, Eleonora Zambotti e Matteo Cesca hanno presentato il progetto di orientamento sviluppato da Unioncamere con l’Ufficio Scolastico Regionale del Veneto dedicato agli studenti liceali “Riconosci il lavoro che vorrai fare”. L’obiettivo era fare conoscere agli studenti alcune aziende e figure professionali altamente rappresentative delle trasformazioni del lavoro in Veneto. Supportati e guidati dal punto di vista metodologico dal sistema camerale regionale, i ragazzi, a gruppi, hanno intervistato da remoto una di queste figure professionali. L’intervista, preparata e condotta dagli studenti, gli ha permesso di avere una rappresentazione chiara della figura professionale, delle sue mansioni e competenze specifiche, così come di approfondire i passi svolti per arrivare a ricoprire quel ruolo, “toccando con mano” la non linearità di alcuni percorsi formativi e lavorativi.
Sono stati coinvolti 10 licei in tutta la regione, per oltre 200 studenti organizzati in gruppi di lavoro e più di 40 aziende disponibili ad interagire.
A fronte del mismatching occupazionale, cosa si può fare, di più e meglio, a supporto della transizione scuola-lavoro? Ne hanno discusso le organizzazioni datoriali e sindacali con il sistema della formazione e del lavoro. Il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Carmela Palumbo ha ricordato come “la frequentazione del mondo del lavoro sia un percorso imprescindibile all’interno di un sistema che va strutturato” e come sia necessario “lavorare sulla formazione per la sicurezza, di cui lo Stato deve farsi carico”, mentre il direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone ha rimarcato che “oggi il cambiamento è un fattore su cui dobbiamo confrontarci. Il mismatch è caratterizzato da fattori demografici e nel 2030 al mercato del lavoro mancheranno 45.000 persone. Per questo è necessario creare un’infrastruttura di orientamento che dev’essere istituzionalizzata in rete tra Unioncamere e sistema della formazione e del lavoro, per collegare le competenze alle richieste del mercato”. Parlando di politiche di genere, per Marco Dalla Bernardina per Confindustria Veneto “dobbiamo dare a tutti l’opportunità di dimostrare competenze” mentre Augusto Pivanti di Coldiretti ha richiamato l’evoluzione di un settore “in cui l’agricoltura 4.0 la fa da padrone e necessita di nuove competenze, ma è un mondo ancora poco conosciuto dai giovani”.
Un appello a ‘sporcarsi le mani’ è venuto anche da Franco Storer di Casartigiani perché “gli artigiani vivono una grande difficoltà di reperimento di manodopera specializzata, che è fusione tra manualità e conoscenze tecnologiche”. Gli ha fatto eco il direttore di Confartigianato regionale Tiziana Pettenuzzo invitando a “lavorare su un patto delle competenze, anche con una scolarizzazione più bassa ma con un percorso di formazione ambizioso, concepito all’interno delle filiere in cui convivono la grande e la piccola impresa, per creare un processo sistemico dove tutti crescono insieme”. Dell’emergenza del reperimento di personale per le imprese tradizionali ha parlato Emiliano Biraku di Confesercenti Veneto in una visione anche internazionale, mentre il Segretario Generale UIL Roberto Toigo è tornato sul tema dell’alternanza “che non va abbandonata, perché la cultura del lavoro si impara a scuola e il mestiere sul posto di lavoro” ma ha rivolto un appello a Regione e sistema scolastico per formare i giovani alla sicurezza del lavoro prima del loro ingresso in azienda. Luca Bertuola di Confcommercio Regionale ha parlato dell’autoimprenditorialità e della conoscenza “del mercato e del contesto in cui i giovani devono calare la propria aspirazione”, in cui la possibilità di cambiare frequentemente lavoro rappresenta un’opportunità.
“Si scelgono persone, non competenze” ha ricordato Enzo Risso di IPSOS. “Dobbiamo recuperare la capacità di raccontare professioni e mestieri in logica di domani e dare dignità a tutte le professioni, perché è cambiato l’immaginario così come le persone”.