Si attendeva, ma è comunque una doccia fredda quella che arriva da Unioncamere del Veneto sui dati della produzione industriale: nel secondo trimestre del 2023 l’attività manifatturiera della regione, dopo un fine 2022 in stallo e un inizio anno in timida crescita, registra una frenata, con i principali indicatori economici che registrano segno negativo.
Tra aprile e giugno 2023 la produzione industriale ha segnato una variazione congiunturale negativa pari a -1,3% (-4,5% il dato destagionalizzato). Rispetto allo stesso periodo del 2022 il calo è ancora più accentuato, con un contro-rimbalzo negativo del -4%.
E’ la fotografia che emerge dai dati di VenetoCongiuntura, l’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera realizzata da Unioncamere del Veneto ed effettuata su un campione di circa 2.000 imprese con almeno 10 addetti, cui fa riferimento un’occupazione complessiva di oltre 110.000 addetti e un giro d’affari superiore ai 20 milioni di euro.
Il rallentamento dell’attività produttiva rispetto a un anno fa trova conferma anche dalla distribuzione media dei giudizi: le imprese interessate da una diminuzione della produzione crescono dal 30% al 46%, mentre si riducono dal 51% al 37% le imprese che dichiarano un aumento; il 17% dichiara una sostanziale stabilità (era 19%).
“Il principio di rallentamento della manifattura già evidente a inizio 2023 si è purtroppo concretizzato in un segno negativo della produzione: -1,3% rispetto al trimestre precedente, e un contro-rimbalzo del -4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In parte questo rallentamento era atteso” commenta il Presidente di Unioncamere del Veneto Mario Pozza. “ma non ci aspettavamo in particolare un calo degli ordini esteri così pronunciato. Questo ci preoccupa, perché significa che negli ultimi mesi la situazione è mutata sensibilmente.Le cause sono principalmente la stagnazione dell’economia mondiale con la riduzione della domanda internazionale in diverse filiere e l’andamento della Germania, partner commerciale primario per il Veneto, la cui recessione influisce in prospettiva anche sulla nostra economia. Infine, la discesa più lenta dell’inflazione rispetto alle aspettative ha portato a un altro rialzo dei tassi di interesse da parte della BCE e al conseguente aumento del costo del denaro. Tengono i beni di investimento, ma calano i beni di consumo. Diminuisce il fatturato totale delle imprese manifatturiere, che era stato gonfiato anche dall’aumento dei prezzi dei prodotti finiti, ma frenano anche gli ordinativi, interni e ancor più esteri. Abbiamo visto negli ultimi anni che gli scenari cambiano in modo estremamente rapido e che la complessità è l’elemento che caratterizza il contesto in cui operano le nostre imprese. Questo richiede loro conoscenze adeguate per interpretare dati e tendenze di lungo periodo, dinamicità e velocità per adattarsi rapidamente a nuove condizioni di mercato. Il sistema camerale c’è ed è vicino alle imprese per affiancarle nei processi di trasformazione digitale e transizione green, per supportarle nell’accesso alle conoscenze e accompagnarle alla diversificazione produttiva e geografica, aiutandole ad affrontare i mercati con approcci innovativi. Il Pnrr è uno strumento fondamentale e il mondo delle imprese si aspetta che parta quanto prima. La revisione di alcune misure per 16 miliardi di euro è impattante per il sistema economico, confidiamo nell’impegno del Governo per finanziare gli interventi”.
Secondo la tipologia di beni prodotti, diminuisce l’indice complessivo della produzione dei beni intermedi, che registrano un -6,2%, e dei beni di consumo, con un -4,5%. Positiva invece la produzione per i beni di investimento: +2,1%.
A livello settoriale le uniche attività economiche in crescita rispetto allo stesso periodo del 2022 sono le macchine e gli apparecchi meccanici, comparto legato ai beni di investimento, che registra un +2,4% e il marmo, vetro e ceramica con un +1,1% che segue la tendenza positiva del settore dell’edilizia. Negative le variazioni di tutti gli altri settori, con flessioni più ampie per le macchine elettriche ed elettroniche (-6,8%), il tessile e abbigliamento (-7%) e la gomma e plastica (-12,7%).
La produzione assicurata dal portafoglio ordini, dopo la contrazione di 10 giorni registrata a fine marzo sulla media del 2022, rimane invariata a 56 giorni, come pure l’utilizzo degli impianti che resta in linea con i valori del primo trimestre 2023 al 72%. Il maggior grado di utilizzo degli impianti ha riguardato i settori marmo, vetro e ceramica (78%), la carta e stampa (76%) e l’alimentare e bevande (76%).
Per quanto riguarda le giacenze dei prodotti finiti, nel secondo trimestre il 57% delle aziende le ritiene adeguate (era 58% nello scorso trimestre), il 6% del campione valuta le giacenze scarse ed il 9% le ritiene in esubero. Il 28% delle imprese non tiene giacenze in azienda.
Gli altri indicatori
Nei mesi aprile-giugno del 2023 il fatturato totale delle imprese manifatturiere registra un calo significativo pari al -3% su base annua, che risente del confronto con un periodo caratterizzato da un forte incremento dei prezzi dei prodotti e dei costi energetici. A determinarlo è soprattutto la componente estera che perde il -3,8%.
Continua la frenata degli ordinativi totali con una variazione tendenziale negativa del -4,8% determinata sia dalla componente interna (-4,4%) sia da quella estera (-5,9%).L’andamento si riflette su tutti i settori ma colpisce maggiormente il comparto legato ai beni intermedi della gomma e plastica (-13,5%) e quelli dei beni di consumo: tessile e abbigliamento (-9,2%) e legno e mobile (-6,1%).Previsioni
Le attese degli imprenditori del comparto manifatturiero rimangono cautamente positive ma in netto peggioramento rispetto a quelle registrate nel primo trimestre del 2023. In media, scende a 37% la quota di imprenditori che scommettono sull’aumento della produzione tra luglio e settembre (era 51% nel primo trimestre del 2023) e aumenta a 29% (era 16%) la quota di imprenditori che si attendono una diminuzione. Rimane costante a 33% invece la quota di chi prevede una situazione di stazionarietà. Anche le previsioni degli ordini rimangono in territorio positivo ma diminuiscono gli imprenditori che prevedono un aumento: scende a 39% la quota di imprenditori che prevede un incremento degli ordini esteri (era 49% nel primo trimestre del 2023) e a 35% quella degli ordini interni (era 46%).