Nel secondo trimestre del 2025, l’attività manifatturiera veneta mostra segnali di debolezza sul fronte produttivo, con variazioni negative contenute.
La produzione industriale è in lieve calo sia su base annua (-0,8%) che su base congiunturale destagionalizzata (-0,3%), con un andamento fortemente differenziato tra i diversi settori.
Vanno bene tessile, abbigliamento e calzature (+3,4%), alimentare, bevande e tabacco (+3,1%) e le altre manifatture (+2,8%), soffrono legno e mobile (-4,9%), gomma e plastica (-3,7%) e in particolare i mezzi di trasporto, che registrano la flessione più marcata (-7,3%).
Anche la situazione degli ordinativi interni è sostanzialmente ferma.
Il fatturato mostra invece segnali di tenuta (+0,3% su base tendenziale e +0,5% congiunturale), evidenziando una maggiore incidenza di comparti a maggiore valore aggiunto.
A peggiorare è invece il sentiment degli imprenditori veneti, con un deterioramento del clima di fiducia tra le imprese manifatturiere venete. Prevale un atteggiamento di cautela, che riflette con ogni probabilità la fragilità del contesto internazionale, caratterizzato da tensioni geopolitiche e da un rallentamento del commercio globale. Anche il recente accordo tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi non sembra sufficiente a dissipare le incertezze, alimentate dalla riorganizzazione geografica e funzionale delle catene globali del valore. Le imprese sembrano adottare un atteggiamento attendista, rinviando eventuali decisioni di espansione e concentrandosi sul consolidamento. La crescente cautela nelle previsioni congiunturali potrebbe riflettersi, nei prossimi mesi, anche sulle strategie di investimento e occupazionali, con un potenziale effetto di rallentamento della ripresa regionale.
Sono i risultati principali di VenetoCongiuntura, l’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera realizzata da Unioncamere del Veneto su un campione di circa 2.100 imprese con almeno 10 addetti, cui fa riferimento un’occupazione complessiva di oltre 100.000 addetti.
“Continua la fase di stallo del manifatturiero veneto che avevamo già visto ad inizio anno e che è in corso ormai da quasi due anni – commenta il presidente di Unioncamere del Veneto Antonio Santocono – in cui la ripresa resta fragile. Anche se le stime di crescita sia a livello globale che per l’area Euro e per l’Italia sono state riviste al rialzo, questa apparente ripresa è precaria e più dovuta ad acquisti anticipati delle imprese in vista dei dazi.
In Italia si combinano fattori come domanda interna debole in un contesto globale non favorevole, rallentamento industriale in diversi settori strategici e freni commerciali.
Sul fronte dei dazi, l’accordo raggiunto è tra gli scenari meno estremi circolati nelle scorse settimane, ma comunque impatta negativamente sulla crescita di breve periodo. E l’incertezza generata da queste evoluzioni normative e commerciali stia già modificando le scelte delle imprese, in particolare sul piano delle strategie di approvvigionamento, localizzazione produttiva e prezzi all’export, che sono da monitorare con attenzione.
Come sistema camerale stiamo continuando a supportare le imprese in questa fase cruciale di trasformazione strutturale. Le stiamo affiancando nel rafforzare le filiere strategiche, promuovere la transizione digitale e accelerare i processi di internazionalizzazione e diversificazione produttiva, con particolare attenzione ai settori più esposti alla competizione globale e alle recenti misure protezionistiche. Allo stesso tempo dobbiamo intervenire sulla semplificazione normativa e amministrativa, riducendo gli oneri burocratici e facilitando l’accesso agli strumenti di sostegno, al fine di incentivare gli investimenti in tecnologie innovative e nuovi mercati. Sarà quindi cruciale monitorare l’evoluzione dei principali indicatori economici nei mesi a venire, per comprendere se questa fase di incertezza rappresenti una pausa temporanea o l’inizio di una fase di stagnazione più prolungata”.
Il contesto internazionale e nazionale
L’economia globale segue una traiettoria di espansione moderata, caratterizzata da persistenti incertezze e da andamenti divergenti tra le principali aree geografiche.
Secondo l’ultimo aggiornamento del Fondo Monetario Internazionale, le stime per il 2025 sono state riviste al rialzo, con una previsione globale di crescita del 3,0%, leggermente superiore alle precedenti attese di aprile (2,8 %). Tuttavia, il ritmo dell’economia globale resta significativamente inferiore alla media storica pre-Covid, che si attestava intorno al 3,7%.
L’Area Euro resta la locomotiva più lenta tra le grandi aree sviluppate, con crescita modesta dei principali membri. Le stime indicano una crescita del PIL dell’1,0% nel 2025 (contro lo 0,9 % stimato in precedenza), mentre il 2026 è atteso a +1,2%. La Germania, locomotiva industriale del continente, soffre in particolare la ristrutturazione della manifattura e la transizione energetica, con riflessi su tutta l’Area Euro.
Tra i grandi Paesi, gli Stati Uniti segnano un PIL previsto del 1,9% nel 2025 resistendo meglio del previsto alla politica commerciale del presidente Trump; la Cina si attesta a 4,8%, sostenuta dalle continue politiche pubbliche espansive e sostituendo in maniera efficace il mercato USA con altri alternativi, e l’India si conferma virtuosa con una crescita superiore al 6,4–6,5%.
L’Italia si colloca nella fascia bassa delle economie avanzate per la combinazione di fattori interni ed esterni: domanda interna debole in un contesto globale meno favorevole, tra freni commerciali e rallentamento industriale in diversi settori strategici.
I Paesi emergenti e in via di sviluppo continuano a trainare la crescita mondiale con una previsione di aumento del PIL pari al 4,1% nel 2025. In particolare, l’Asia emergente (India, Cina, ASEAN) mantiene un ruolo di leadership globale, con un ritmo di crescita pari al 5,1%, sebbene in lieve calo rispetto al 2024 (5,3%). La Cina rallenta moderatamente al 4,8%, ma riesce al momento a resistere ai forti dazi statunitensi, sostituendo in termini di export il mercato USA con realtà alternative, anche UE.
Per il Veneto le ultime stime di Prometeia per il 2025 confermano una crescita del PIL vicino all’1,0%, seguita da un lieve rallentamento allo 0,8% nel 2026 e allo 0,7% nel biennio successivo. La revisione rafforza l’idea di una dinamica moderatamente positiva ma di per sé lenta.
La manifattura veneta
Nel secondo trimestre del 2025, per la manifattura veneta continua il quadro di debolezza sul fronte produttivo, pur con alcuni segnali positivi sul lato del fatturato.
La produzione industriale è in lieve calo sia su base annua (-0,8%) che su base congiunturale destagionalizzata (-0,3%).
L’andamento è fortemente differenziato tra i diversi settori. Se alcuni comparti mostrano dinamiche positive come tessile, abbigliamento e calzature (+3,4%), alimentare, bevande e tabacco (+3,1%) e le altre manifatture (+2,8%), probabilmente sostenuti da una domanda interna più stabile, gli altri settori registrano per la maggior parte variazioni negative: risultano particolarmente in sofferenza gomma e plastica (-3,7%), legno e mobile (-4,9%) e, in modo più marcato, il settore dei mezzi di trasporto, che segna (-7,3%).
Il grado di utilizzo degli impianti si attesta oltre il 70%, con una media comunque inferiore rispetto agli anni precedenti e con un andamento differenziale tra i diversi settori. Le performance migliori si registrano per alimentare e bevande, con una percentuale intorno al 76%. Il comparto dei mezzi di trasporto mostra invece segnali di difficoltà, con un utilizzo fermo al 68%.
Nel secondo trimestre 2025 gli ordinativi, sia esteri che interni, sono sostanzialmente stagnanti, con variazioni negative contenute: -0,1% tendenziale per entrambi i mercati.
Su base congiunturale si rileva un calo più marcato per gli ordinativi esteri (-0,6%) rispetto a quelli interni (-0,1%).
Il fatturato, tuttavia, mostra segnali di tenuta, con una variazione positiva sia tendenziale (+0,3%) sia congiunturale (+0,5%). Questo riflettere dinamiche di prezzo favorevoli e una maggiore incidenza di comparti a maggiore valore aggiunto.
Le attese degli imprenditori per il periodo estivo (luglio -settembre) mostrano una crescente cautela rispetto ai mesi precedenti.
Per quanto riguarda la produzione la quota di imprese che prevede un aumento si attesta al 34,4%, in calo di quasi 13 punti percentuali rispetto al primo trimestre (47,3%).
Cresce la quota di operatori che prevede una contrazione dei livelli produttivi, passando dal 16,4% al 28,2%, mentre si amplia leggermente anche la componente che si attende una situazione stazionaria (dal 36,4% al 37,4%).
Tale incertezza si riflette anche nelle aspettative legate alla domanda, sia interna che estera. Per quanto riguarda gli ordinativi interni, la quota di imprese che prevede un aumento si ferma al 31,9%, in calo rispetto al 41% rilevato nel trimestre in corso. Anche le attese sugli ordini provenienti dall’estero si mostrano più caute: il 33,3% prevede un incremento, ma il 25% teme una flessione, mentre il 42% degli intervistati ritiene che i livelli si manterranno stabili, segnalando il crescente rallentamento del commercio internazionale. Anche le previsioni sul fatturato rispecchiano questo clima di incertezza: il 36% delle imprese si attende un aumento, ma un’analoga quota (36%) prevede stabilità, mentre il 29% teme una diminuzione. La parità tra ottimisti e “attendisti” rafforza l’idea di un rallentamento della dinamica espansiva registrata nei trimestri precedenti, dove le aspettative di crescita erano più diffuse.