Venezia, 5 giugno 2020 – Si è tenuto questa mattina il webinar organizzato da Unioncamere del Veneto e l’Osservatorio economico e sociale di Treviso e Belluno per illustrare gli effetti dell’emergenza Covid-19 sul manifatturiero veneto e le ripercussioni su imprese, business e occupazione. All’incontro aperto dal presidente, Mario Pozza, hanno partecipato: Antonella Trevisanato dell’Area Studi e Ricerche di Unioncamere del Veneto, Federico Callegari dell’Osservatorio Economico e Sociale Treviso e Belluno, Maurizio Rasera dell’Osservatorio regionale Mercato del lavoro – Veneto Lavoro, Monica Plechero e Giancarlo Corò dell’Università Ca’ Foscari Venezia e David Moro, Presidente Ordine dei Commercialisti di Treviso. Le conclusioni sono state affidate a Tiziano Barone, Direttore Veneto Lavoro.
Il presidente, Mario Pozza, nel saluto introduttivo ha sottolineato la gravità della situazione: “le ferite inferte dal Covid19 alla nostra economia sono profonde come testimoniano i dati congiunturali del primo trimestre del 2020. Questa ferita oggi è ancora più profonda e lo sarà ancor di più nei prossimi mesi quando gli effetti dell’emergenza economica si dipaneranno in tutta la loro forza sull’occupazione, sulle imprese, sui consumi e sulle famiglie. il rischio come detto più volte è quello di una bomba sociale, in particolare, se i rimedi per rimarginare la ferita non arrivano e sono inefficaci. In questo contesto le Camera di Commercio stanno mettendo in campo azioni e misure mirate per contrastare una situazione che diventerà drammatica nei prossimi mesi”. Al webinar sono stati illustrati i dati dell’indagine VenetoCongiuntura che indicano come nel primo trimestre 2020 la produzione industriale abbia registrato un crollo del -7,6% sull’analogo periodo dell’anno precedente. L’indicatore in questi ultimi anni aveva evidenziato un graduale indebolimento (+1,3% in media d’anno 2019, +3,2% nel 2018), ma la pandemia di Covid-19 ha avuto un violento impatto per il comparto manifatturiero regionale.
Il webinar è stato l’occasione per fare il punto sull’occupazione con i dati illustrati da Veneto Lavoro. L’effetto della pandemia ha comportato, su base annua (variazione tra il 31 maggio 2020 e il 31 maggio 2019) una riduzione pari a circa -41.000 posizioni di lavoro dipendente, bruciando dunque anche la crescita tendenziale ancora in essere all’inizio della pandemia e pari a circa +20.000 posti di lavoro. Ciò è conseguenza di una dinamica congiunturale radicalmente segnata dall’emergenza sanitaria: infatti tra il 23 febbraio e il 31 maggio 2020 la variazione dei posti di lavoro è stata negativa, pari a –26.000 unità, mentre nel medesimo periodo del 2019 la variazione era stata positiva e pari a +35.000 posti di lavoro, con quindi un differenziale negativo, tra i due periodi, pari a circa -61.000 posti di lavoro (un valore complessivo che si colloca attorno al 3% dell’occupazione dipendente). Il segnale positivo è che dal 4 al 31 maggio si è dispiegata una significativa tendenza alla progressiva riduzione del differenziale nel numero di assunzioni tra 2019 e 2020: -34% (meno -21% dal 18 alla fine del mese) mentre tra il 23 febbraio ed il 3 maggio la variazione negativa era stata quasi doppia (-61%). Tale differenziale si riduce ancor più significativamente per diversi settori e in alcuni casi (costruzioni, tessileabbigliamento, servizi turistici) si registrano anche incrementi volti al recupero delle posizioni perdute. Il saldo occupazionale è tornato in maggio ad essere positivo, a poca distanza da quello del 2019 (+1.437 contro +3.537): ciò ha significato, su base annua, praticamente l’arresto della fase di contrazione dei posti di lavoro.
Nel corso della webinar è stato, inoltre, effettuato un approfondimento effettuato dal team di Ca’ Foscari, anche attraverso l’analisi congiunta di dati Uniocamere Veneto e Veneto Lavoro, che mira a mettere in evidenza il legame fra l’evoluzione tecnologica 4.0 delle imprese della manifattura veneta nell’ultimo decennio, la qualità del capitale umano aziendale e le prime evidenze di resilienza sviluppata dalle imprese, anche in relazione agli importanti effetti del Covid sulle performance economiche. I risultati dell’indagine e le nostre riflessioni sottolineano come siano le imprese a maggiore intensità tecnologica dotate di risorse umane con maggiori conoscenze scientifiche e tecniche a mostrare più flessibilità e alcuni primi segnali di recupero, anche se ancora deboli. La traiettoria intrapresa da queste imprese risulta inoltre essere generalmente più virtuosa in termini di sfruttamento delle nuove opportunità strategiche che potrebbero nascere nella fase post Covid, soprattutto rispetto alle imprese che finora hanno investito in un numero limitato di tecnologie di base.
Il Professor Giancarlo Corò, Direttore SELISI, Università Ca’ Foscari Venezia, ha concentrato il suo intervento sulle politiche economiche a sostegno della ripartenza: “se non è facile ritrovare nella storia recente una recessione economica così profonda come quella creata dal Covid-19, è altresì difficile trovare un periodo nel quale le politiche economiche hanno potuto disporre di risorse finanziarie e margini di manovra così rilevanti. Nella fase di emergenza il governo ha stanziato il 5% del Pil, mentre per il rilancio dell’economia potrà disporre di risorse finanziarie – a debito e in conto capitale, grazie al ruolo dell’UE – che possono superare il 10% del Pil. Il problema non sembra perciò essere tanto quello della disponibilità di risorse, ma di obiettivi e strumenti che rendano possibile impiegarle in modo produttivo, equo e sostenibile. Fatta salva l’esigenza di continuare a finanziare le politiche di sostegno al reddito e le garanzie al credito per le imprese colpite dal lockdown, la questione che adesso si apre è come costruire una politica economica per rilanciare lo sviluppo dell’Italia nel quadro di uno scenario internazionale che sta già mostrando significativi cambiamenti geo-politici e tecnologici. L’Italia arriva in questa crisi con alcuni punti di forza – soprattutto grazie al suo tessuto industriale, a un elevato risparmio privato e a un sistema di welfare locale che si è dimostrato decisivo nell’emergenza sanitaria – ma anche molte debolezze, a partire dai ritardi della Pubblica Amministrazione e giustizia, agli scarsi investimenti in ricerca e istruzione, ai problemi di sicurezza idraulica e all’inquinamento delle città, all’arretratezza nelle infrastrutture e nei servizi digitali. La sfida è investire le risorse messe a disposizione dall’Europa per realizzare importanti avanzamenti su questi fronti, limitando le azioni dirigistiche e centralistiche, e promuovendo invece il coinvolgimento responsabile dei territori in progetti di sviluppo e innovazione sostenibile”.
“Il rischio che la nuova emergenza si chiami burocrazia – osserva David Moro presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso – perchè dall’inizio dell’emergenza ad oggi sono stati emanati 173 atti per un totale di 2000 pagine di provvedimenti tra DPCM, ordinanze da parte di Ministeri, Regioni, Comuni e circolari interpretative, spesso in conflitto tra loro. Una babele normativa e regolamentare che costringe le imprese ad affrontare situazioni di ulteriore incertezza nell’applicazione delle disposizioni, oltre alle difficoltà del mercato. Non è pensabile affrontare l’emergenza con l’approccio ordinario, vanno coordinati sussidi e strategie di rilancio. Serve un approccio nuovo che liberi le imprese dalla burocrazia che, oltre a rallentare i sostegni finanziari, da sempre è un freno alla competitività internazionale. Senza dimenticare che dal punto di vista fiscale è impensabile affrontare le scadenze di giugno, è necessaria subito una moratoria affinchè le imprese possano concentrarsi sulla ripresa, ad oggi non hanno la liquidità sufficiente, data anche dal fatto che le richieste di finanziamento non sono ancora andate a buon fine.“