Emergenza Covid-19, Pozza: il turismo rischia di chiudere

Venezia, 21 marzo 2020 | Il Veneto, prima regione turistica in Italia, rischia di pagare un conto salato a causa degli effetti del Covid 19 sul comparto turistico. Il 2019 si era concluso come un altro anno di successo per il settore turistico. Gli arrivi nel 2019 sono stati più di 19 milioni e le presenze hanno toccato oltre 69 milioni. Un risultato eccezionale reso possibile grazie alla sinergia tra istituzioni, territori e operatori di settore. Ma oggi queste valutazioni sembrano un passato lontano che è stato disastrosamente impattato dell’emergenza epidemiologica del Covid-19.

“Questi dati complessivi ci offrono il peso specifico del settore del turismo sul sistema economico della nostra regione. Il turismo ha un effetto volano enorme sulla nostra economica – spiega il presidente di Unioncamere Mario Pozza – ed oggi è evidente che questo settore rischia di chiudere per Covid 19. L’emergenza e le restrizioni non solo lo hanno messo in ginocchio, ma ci sono diverse realtà che rischiano di non riaprire. E questo sarebbe un durissimo colpo per il Pil della nostra regione,  ma anche per quello dell’intero Paese”.

I dati contenuti negli archivi amministrativi delle Camere di Commercio ed elaborati da Infocamere ci evidenziano che le imprese turistiche[1] attive al 29 febbraio 2020 in Veneto sono 35.484, impiegano quasi 200 mila addetti totali e realizzano un valore della produzione superiore ai 7 miliardi di euro[2]. A livello provinciale un quarto delle imprese turistiche si concentra nella provincia di Venezia (8.891, il 25,1%). La seconda provincia per consistenza di imprese del settore è Verona (7.414, il 20.9%), seguita da Padova (5.469, 15,4%), Treviso (5.154, 14,5%) e Vicenza (4.976, 14%). In provincia di Belluno e Rovigo il numero di imprese è più esiguo e rispettivamente pari a 1.931 (5,4%) e 1.646 (4,6%). Per quanto riguarda la forma giuridica quasi la metà (48%) è costituita da imprese individuali, il 31,5% da società di persone, il 19,1% da società di capitali e solo l’1,4% si costituisce in un’altra forma societaria.

“Questi non sono solo freddi numeri, ma dietro ogni impresa ci sono lavoratori, famiglie o persone che hanno dedicato la loro vita all’attività imprenditoriale nell’ambito del turismo. Dietro questi indicatori – continua Pozza – ci sono storie imprenditoriali che rappresentano un punto di riferimento a livello nazionale. Infatti molte di queste imprese sono a conduzione famigliare e in queste realtà i dipendenti si sentivano davvero a casa. Purtroppo tutto questo rischia di andare distrutto. La perdita di imprese e di posti di lavoro può generare una pesantissima ricaduta sociale con molte persone che rimangono senza lavoro e famiglie senza stipendio. Si tratta di veri e propri drammi che stanno dietro ai numeri della crisi innescata dal Covid 19”.

Guardando ai settori circa due terzi delle imprese appartengono al comparto della ristorazione (73,1%), il 12,1% al settore dell’alloggio, il 6,2% ai trasporti, il 5,8% alle agenzie di viaggio/noleggio e il restante 2,8% alle attività ricreative. Come il tessuto economico regionale, anche sistema turistico è un pulviscolo eccezionale di piccole e medie realtà: quasi il 70% delle imprese turistiche sono microimprese con 1-5 addetti, il 16% appartiene alla classe 6-9 addetti, il 15% alla classe 10-49 addetti e solo l’1% alla classe 50 addetti e più. Per quanto riguarda le classi di fatturato anche per questo indicatore la maggior concentrazione di imprese si colloca sotto i 500 mila euro di fatturato (51,3%), mentre il 21,8% nella classe tra i 500 e 999 mila euro, il 22,1% tra i 1 e 5 milioni di euro e il 4,8% sopra i 5 milioni di euro.  È questa la fotografia elaborata dal Centro Studi di Unioncamere del Veneto sui dati del sistema imprenditoriale turistico regionale prima dello scoppio della pandemia Covid-19.

“Il quadro dei dati del nostro Centro Studi – spiega Pozza – fa emergere un elemento su cui talvolta non si presta attenzione: l’indotto. Il settore turistico infatti è strettamente collegato anche ai trasporti, alle aziende che forniscono bici e bevande, alle lavanderie industriali, al lavoro interinale di molti studenti che così si mantengono gli studi. Se si blocca il turismo non è un compartimento stagno, ma un settore con molteplici connessioni e questo significano che si rischia di mettere in difficoltà in questo modo anche altri settori ad esso collegati”.

“Per questo Unioncamere del Veneto – conclude Pozza – sta già lavorando ad un’indagine congiunturale sui servizi turistici, che sarà avviata ad aprile 2020 e che rientra tra le attività dell’Osservatorio turistico regionale federato, nell’ambito delle azioni del Piano Strategico del Turismo Veneto. Il nostro obiettivo è cogliere in tempo reale lo stato di salute delle imprese in piena emergenza Coronavirus per dare al Governo un dossier che faccia capire la gravità della situazione nella speranza che non rimanga sordo e miope di fronte ad un’emergenza che è sistemica e che richiede interventi shock per rimettere in moto il motore del turismo”.



[1] Le imprese turistiche considerate comprendono i seguenti settori: Ristorazione (56.1, 56.2, 56.3), Alloggio (55.1, 55.2, 55.3), Trasporto (49.1, 49.3, 50.1, 50.3, 51.1), Agenzie di viaggio/noleggio (77.11, 77.21, 77.39, 79.1, 79.9, 82.3), Attività ricreative (91, 93.19.92, 93.21, 93.29.2, 93.29.9, 96.04.20).

[2] Il dato è riferito alle sole società di capitali che hanno l’obbligo di depositare il bilancio societario.

 

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