Busta paga unica europea, il Veneto in Commissione
per chiedere una direttiva e renderla obbligatoria
Venezia, 4 ottobre 2013 – La mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione europea è una realtà numericamente ancora modesta, ma in crescita. E la busta paga unica europea, progetto promosso dalle realtà venete di Ancl, Aniv ed Eurosportello del Veneto, può essere uno strumento determinante alla sua agevolazione. Uno strumento da affiancare alle politiche che la Commissione sta adottando per favorire la libera circolazione dei lavoratori fra gli Stati membri. Sono stati tutti concordi in questo i relatori che hanno partecipato venerdì 27 settembre al seminario di studi La busta paga unica europea, una soluzione per: integrare, competere lealmente, semplificare, che si è tenuto al cine-teatro di Mirano. Aperto ai professionisti lavoristi e agli ispettori di vigilanza, ha visto la partecipazione di circa 200 fra consulenti del lavoro, commercialisti, avvocati. Fra i relatori, assenso all’iniziativa e suggerimenti sono arrivati da Caroline Loup, funzionaria della Commissione europea nella direzione generale Giustizia-Unità Cittadinanza dell’Ue e libera circolazione, e dall’avv. Valérie Giacobbo-Peyronnel, del direttorato Ricerca e Documentazione della Corte di giustizia europea. Ora l’obiettivo dei tre enti promotori è arrivare direttamente in Commissione per spingere l’emanazione di una direttiva per rendere la busta paga unica europea un documento ufficiale e obbligatorio. Anche se, su base volontaristica, chiunque la può adottare da subito.
La busta paga, infatti, non ha un formato obbligatorio specifico, in nessun Paese europeo. E nessun Paese europeo è un campione di trasparenza. Quel che si propone, invece, è l’utilizzo di un documento dove vi siano tutti i dati contributivi e previdenziali a carico del lavoratore e del datore di lavoro, le eventuali agevolazioni e dove siano indicati anche i progressivi fiscali e previdenziali. I vantaggi sarebbero immediati: sarà subito chiaro quanto pesa il cuneo fiscale, in una vera e propria operazione di trasparenza, e la presenza dei progressivi renderebbe inutile a fine anno produrre documenti riepilogativi come il Cud ai fini reddituali, oltre ad altre conseguenze dirette alla minor burocrazia. Inoltre, grazie alla codifica numerica dei campi, non ci sarà bisogno di una traduzione per leggerla, cosa importante per la gestione del personale delle aziende con filiali all’estero e, soprattutto, per gli stessi lavoratori che si troveranno ad esercitare la propria opera in più Paesi. Al seminario è stata presentata la bozza di busta paga europea elaborata da Centro Paghe srl in base alle indicazioni di Ancl, Aniv ed Eurosportello, che hanno aperto mesi fa un tavolo tecnico.
La necessità di questa innovazione è partita dal Veneto, una regione economicamente e storicamente votata all’internazionalizzazione, grazie alla collaborazione fra le imprese (Eurosportello del Veneto), i professionisti che le assistono (Ancl, sindacato unitario dei consulenti del lavoro) e chi verifica il loro operato (Aniv, associazione degli ispettori di vigilanza).
Gian Angelo Bellati, segretario generale Unioncamere Veneto
«Per fare integrazione, non basta andare in giro come turisti. Il vero modo è il lavoro e facilitare la mobilità dei cittadini europei ci permette di migliorare: nel Veneto lavorano 250mila persone provenienti da altri Stati membri, dal Veneto sono andati in altri Paesi Ue 250mila lavoratori. Non c’è pericolo di invasione o di furto del lavoro. Il sistema funziona e deve crescere ancora».
Alessandro Bonzio, presidente Ancl Veneto
«In Veneto si stanno già verificando episodi di concorrenza poco corretta, quando imprese di paesi con fiscalità agevolata o con costi previdenziali più bassi vincono appalti qui. La trasparenza che può portare la busta paga europea potrà far nascere un dibattito serio e costruttivo sul costo del lavoro».
Gabriele Squizzato, rappresentante Aniv Veneto
«Ci piace immaginare che riusciremo a presentare l’iniziativa al futuro Parlamento europeo e che la busta paga europea entri nell’agenda del semestre di presidenza italiana della seconda metà del 2014. È già successo, in Italia, che nostre speranze ed intuizioni siano diventate norme e soluzioni, perché non ambire ad una soluzione europea per le nostre proposte?».
DATI (dalla relazione di C. Loup, fonte: DG EMPL EU Employment and Social Quarterly April 2013)
13,6 milioni cittadini europei risiedenti in uno Stato membro diverso da quello d’origine
6,6 milioni cittadini europei che vivono e lavorano in uno Stato membro diverso da quello d’origine
1,2 milioni lavoratori europei transfrontalieri
1,2 milioni lavoratori europei distaccati
940mila cittadini europei che cercano lavoro in uno Stato membro diverso da quello d’origine
I 6,6 milioni di europei che vivono e lavorano in un altro Stato membro rappresentano il 3,1% della popolazione della Ue. Questa cifra di mobilità intra-europea è piuttosto bassa, soprattutto se paragonata alla mobilità interna degli Stati Uniti d’America.