Demografia d’impresa in Veneto, Pozza: Speriamo il Recovery possa dare uno shock positivo

COMUNICATO STAMPA | 30 aprile 2021

Nei primi tre mesi del 2021 il tessuto imprenditoriale veneto rimane in stallo. Tuttavia, i dati di fine marzo, a oltre un anno dall’inizio della pandemia, evidenziano 5 mila nuove imprese in meno da marzo 2020. Le incertezze dello scenario economico, tra attese sull’evoluzione della pandemia e prospettive di rilancio, influiscono anche sulle cancellazioni, che risultano in rallentamento. È quanto emerge dai dati Infocamere sulla natalità e mortalità delle imprese nel primo trimestre dell’anno. Le iscrizioni tra gennaio e marzo sono state pari a 8.295. Nonostante un timido segnale di rimbalzo, che fa i conti con un primo trimestre 2020 fortemente condizionato dall’avvio della stagione pandemica (con il fermo di ogni attività per l’intero mese di marzo), il bilancio delle iscrizioni che si riscontra confrontando i tredici mesi da inizio marzo 2020 a fine marzo 2021 con il corrispondente periodo collocato al di fuori della pandemia (a cavallo tra il 2018 e il 2019) fa segnare un volume di iscrizioni di nuove imprese stimabile in circa 5 mila unità in meno. I dati confermano la forte relazione tra clima di fiducia e natalità delle imprese e rendono evidente il significativo scoraggiamento nell’avviare nuove attività che ha caratterizzato molta parte di questo periodo. Le cessazioni effettive rilevate nel primo trimestre del 2021 dal Registro delle Imprese sono state pari a 9.135 unità, un dato che, anche sommato alle cancellazioni decise d’ufficio dalle Camere di Commercio a seguito di una prolungata inattività delle imprese (di norma non considerato dalle rilevazioni), porterebbe tecnicamente il totale delle chiusure complessive a 9.463, confermando la sostanziale stagnazione del saldo tra iscrizioni e cessazioni (-840). Si tratta comunque di un valore di gran lunga inferiore rispetto alla serie dei primi trimestri degli ultimi dieci anni, tutti sempre chiusi in campo marcatamente negativo, per cui è ragionevole stimare l’esistenza di una “platea nascosta” di imprese che in altre circostanze avrebbero già chiuso i battenti.

Al 31.03.2021 lo stock di imprese attive in Veneto si mantiene sugli stessi livelli di dicembre 2020: sono 427.257 le sedi d’impresa regionali (-260 unità), ed in netta controtendenza rispetto a quanto successo nell’ultimo trimestre dell’anno precedente (-3.050 imprese rispetto a dicembre 2019). In flessione (-473), rispetto al trimestre precedente, la componente artigiana costituita da 123.480 imprese attive, che rappresentano il 26,2% del totale complessivo. Il bilancio sulla nati-mortalità d’impresa del primo trimestre del 2021, periodo solitamente caratterizzato da una maggiore concentrazione di cessazioni, soprattutto nei mesi di gennaio e febbraio, presenta un saldo negativo (-840), ma in netta attenuazione rispetto a quello registrato nello stesso periodo del 2020 e del 2019: rispettivamente -3.685 e -2.769. Il saldo trimestrale è infatti determinato da un flusso di iscrizioni in leggera crescita (da 8.031 del primo trimestre 2020 a 8.295 unità) e da un flusso di cessazioni che diminuiscono passando da 11.716 dei primi tre mesi del 2020 a 9.135 unità. È facile quindi intuire come i dati siano fortemente condizionati dal contesto generato dall’emergenza sanitaria: in particolare il numero delle cessazioni sembra influenzato da fattori dissuasivi alla chiusura d’impresa, che lasciano le aziende in attesa di poter beneficiare dei ristori e delle altre forme di sostegno al reddito di lavoro autonomo, nonché dallo stesso divieto di licenziamento.

Il Presidente di Unioncamere Veneto, Mario Pozza, commenta con attendismo i dati relativi alla demografia delle imprese“i dati sulla natalità e mortalità delle imprese indicano come nei mesi precedenti una situazione di stand by. Si tratta di un immobilismo che è preoccupante, ma ci auguriamo che le risorse del Recovery Fund possano dare uno shock positivo al nostro sistema economico. Perché questo accada, però, è necessario che i soldi dell’Europa arrivino presto alle imprese secondo una logica diverse da quella assistenzialista o dei bonus come quelli del monopattino. E, naturalmente, che non si torni indietro sulle riapertura infatti un nuovo lockdown potrebbe peggiorare in modo importante il quadro dei dati che già oggi è in sofferenza”. 

“Il prolungato rallentamento delle attività economiche – spiega Pozza – ha infatti alterato il flusso anagrafico: le cancellazioni sono diminuite, mentre le iscrizioni sono rimaste costanti. Tale dinamica mostra chiaramente che sta emergendo un atteggiamento “riflessivo” da parte di molti imprenditori. Il dato risulta infatti ancora condizionato dai diversi fattori dissuasivi alla chiusura d’impresa: fra tutti, l’accesso ai ristori e il divieto di licenziamento (che una chiusura d’impresa comporterebbe). Sullo sfondo di un bilancio apparentemente stazionario, rispetto alla situazione di fine 2020, si possono comunque cogliere alcuni segnali positivi. In Veneto il settore dell’edilizia cresce di 58 sedi e aumentano anche le imprese nel terziario avanzato. In maggiore sofferenza però resta il sottoinsieme delle imprese artigiane che si contrae, rispetto al trimestre precedente, di -473 unità”.

“Sul settore dell’edilizia, però, da un lato pesa l’incertezza sul rinnovo del Superbonus 110 che rischia di frenare gli investimenti e dall’altro lato il peso della burocrazia che allunga i tempi e ingolfa di pratiche gli uffici dei Comuni rallentando così il via ai lavori. Un ulteriore spinta al settore potrebbe essere data dagli investimenti in infrastrutture che rappresentano un driver strategico per la competitività del territorio e sono in grado di attivare un indotto per l’intero territorio quando si aprono i cantieri”.