Piste da sci, Pozza (Unioncamere Veneto): «Una decisione “last minute” che crea gravi danni agli operatori. Servono ristori immediati»

COMUNICATO STAMPA | Venezia, 15 febbraio 2021

Il Presidente di Unioncamere Veneto, Mario Pozza, commenta così la decisione di prorogare la chiusura degli impianti sciistici fino al 5 marzo: “è una decisione che rappresenta un duro colpo per gli operatori ed anche per l’indotto. Il fatto che sia arrivata a poche ore dell’apertura è un danno enorme che va ad aggravare ancor di più la situazione di difficoltà. Infatti i proprietari degli impianti avevano acquistato materiali, allertato il personale ed eseguito la manutenzione ed ora si trovano nuovamente in lockdown. E lo stesso vale per l’indotto ovvero dai ristoranti agli alberghi che avevano acquisto forniture ed alimenti. Chi ha realizzato questi investimenti non può tornare indietro per questo servono ristori immediati”.

La possibilità di riaprire aveva generato aspettative e gli operatori avevano lavorato duramente per farsi trovare pronti e garantire la sicurezza. E poi con una decisione last minute si decide di tenere tutto chiuso mandando in fumo lavoro e risorse spese da parte di chi si trova già in difficoltà. Si tratta di un duro colpo all’economia della montagna a 360 gradi”.

La chiusura delle piste, secondo i dati, impatta in modo diretto nell’industria degli impianti a fune, che in tutto il Veneto genera un giro di affari di circa 70 milioni di euro (secondo i bilanci depositati presso le Camere di Commercio), di cui 60 milioni riferibili agli impianti bellunesi. Ovviamente saranno inevitabili le ripercussioni a tutto l’indotto, alberghi e ristoranti in primis, come anche l’artigianato locale.

Non è una buona partenza per il Governo, ma può capitare. Sicuramente questa decisione si porta dietro le storture del modello precedente con scelte calate dall’alto senza dialogare con chi conosce realmente il settore ed il territorio. Per esempio mi chiedo perché non si è cercato di approfondire la questione studiando le diverse tipologie di impianto e lasciando aperte magari quelli meno a rischio? Perché non si è valutato la presenza di meno turisti a causa della chiusura dei confini regionali? Si tratta di fattori che gli addetti ai lavori avrebbero potuto segnalare immediatamente e che avrebbero permesso di prendere decisioni diverse e più mirate nella consapevolezza dell’importanza di tutelare la salute”.

L’importante ora è assicurare i ristori in modo rapido e a chi ne ha realmente bisogno. Gli impianti da sci hanno costi importanti anche se le piste sono chiuse e per questo dobbiamo assicurare supporto al settore del turismo che in Veneto, la prima regione d’Italia per presenze, vale circa il 50% del PIL”.