DPCM 10 APRILE 2020, DATI UNIONCAMERE DEL VENETO: 200 MILA IMPRESE POSSONO LAVORARE E 900 MILA ADDETTI, IL PRESIDENTE POZZA: VA LIBERATA DEFINITIVAMENTE LA LOCOMOTIVA DEL NORDEST E LE AZIENDE VANNO RIAPERTE. È LA PRODUZIONE CHE CREA LAVORO E NON LO STATO
Venezia, 15 aprile 2020 | Alla luce dell’ultimo Dpcm 10 aprile 2020, e sulla base del codice ATECO prevalente, secondo i dati elaborati da Unioncamere del Veneto altre 10.800 imprese venete possono riaprire i cancelli. Più di 60.000 gli addetti teoricamente interessati. Il “soft lockdown”, secondo la stima di Unioncamere del Veneto, assume in Veneto questi numeri: quasi 200.000 imprese (il 46,1% del totale) possono lavorare, cui fanno riferimento circa 900.000 addetti (quasi il 50% del totale addetti collegati a sedi di imprese venete).
Il presidente di Unioncamere del Veneto, Mario Pozza commenta così i dati: “questi numeri ci dicono che nei nostri territori è già iniziato il percorso della ripartenza. Il nostro sistema economico ha bisogno di ripartire altrimenti si rischia di mettere in pericolo la tenuta del sistema produttivo, ma anche milioni di posti di lavoro. Se le aziende non ripartono velocemente il rischio è quello di vedere molti imprenditori chiudere i battenti delle fabbriche e molte persone rimanere senza lavoro e questo avrebbe sicuramente pesanti ricadute sociali”.
Se si sposta l’attenzione alle unità locali (cioè all’insieme delle sedi e delle filiali presenti nel territorio regionale), il lockdown in Veneto, a seguito del recente Dpcm, assume i seguenti connotati: il 47,1% delle unità locali è ammesso a svolgere le proprie attività; attorno a queste unità locali gravita il 55% degli occupati dipendenti. Dunque su un totale di 1,5 milione di occupati alle dipendenze nel territorio veneto, circa 800.000 possono in teoria ripresentarsi ai cancelli. Le percentuali cambiano da settore a settore. Resta ancora piuttosto penalizzato il manifatturiero: nel complesso solo il 35,8% delle unità locali nel territorio ha possibilità di operare (e il 37% dei dipendenti del comparto). É quasi totalmente in “blocco” il settore moda (tessile, abbigliamento, calzatura), che conta 10.400 unità locali, cui fanno riferimento quasi 63.000 addetti; è ferma l’industria del mobile (4.600 unità locali, oltre 26.000 addetti), e una buona parte della metalmeccanica (al netto dei macchinari per l’agricoltura e per l’industria alimentare, della produzione di computer e di elettronica, di altri beni o lavorazioni considerati funzionali alle filiere ammesse ad operare). Su un totale di circa 230.000 dipendenti nel comparto metalmeccanico in Veneto è stimabile, sulla base del decreto, che solo un quarto sia collegato ad attività assentite. Un terzo delle unità locali del commercio rientra fra le attività ammesse dal dpcm: ciò permette al 52,7% dei dipendenti del settore di restare operativi.
“Siamo perfettamente d’accordo con la Regione – conclude Pozza – che chiede al Governo l’opportunità di sperimentare una modalità sicura di riapertura che metta in totale sicurezza i lavoratori, ma che ci consenta di riprendere la produzione. Questi territori hanno da sempre un tessuto imprenditoriale sano e virtuoso e sono certo che anche questa volta dimostreremo di essere all’altezza. Non si può rimanere fermi per la paura perché ogni giorno perso per il sistema economico significa perdite di fatturato, di Pil e di posti di lavoro. La prudenza è doverosa per proteggere i lavoratori e noi imprenditori siamo pronti a farlo, ma la paura immobilizza e rischia di tenere ferma la locomotiva del Nordest. Per questo chiediamo coraggio ed un cambio di passo al Governo che non freni le imprese, ma dia strumenti ed opportunità per ripartire velocemente”.